
Giudicando Sorry, We Missed You come si giudicherebbero i film di un altro regista si dovrebbe notare prima di tutto il fatto che sia una variazione su unico tema e contesto, una storia raccontata e reiterata non meglio di altre volte. Il cinema di Ken Loach però non è semplicemente l’opera di un regista: mettendone i film in fila appare il racconto storico e politico dell’evoluzione del capitalismo in Gran Bretagna e di conseguenza in Europa. Qui racconta di un uomo che accetta di lavorare come fattorino in franchising di una società di consegne, di sua moglie che fa l’infermiera a domicilio, dei figli alle prese con l’adolescenza o un’infanzia breve: e li mette di fronte, semplicemente, all’evoluzione del lavoro nel 2019.
Le forme del capitalismo in continuo movimento in contrasto con l’attenzione ai personaggi e alla loro misura umana che non si nega mai la speranza, il riscatto o almeno la voglia di cambiare la loro sorte, la famiglia come perno e come peso. Uomo e macchina, insomma, esplicitamente nel film visto il rapporto con il furgone o la scatola nera del fattorino. Anche il lavoro di ricerca su facce e attori non professionisti è una testimonianza dell’evoluzione del proletariato inglese, di quella classe sociale che non avrebbe nulla di interessante da raccontare e che di fatto, citando Mauro Gervasini, non racconta più nessuno se non Loach e Guédiguian. Il problema, ovviamente, è che Sorry, We Missed You come altri suoi film procedono inesorabili a dimostrare una tesi, creando a questo fine un mondo narrativo che la renda evidente, un modo manipolatorio forse di narrare, seppure verosimile, giusto o plausibile. Ma anche qui, si tratterebbe di giudicare Loach come un qualunque altro regista.