
Un amico simpatico, di quelli rilassati e un po’ cazzoni, ma che azzecca una battuta su tre. Ecco cos’è The Dead don’t Die, il film di Jim Jarmusch che ha aperto la 72^ edizione del festival di Cannes. Il regista raccoglie un grande cast di amici sodali – in prima fila Bill Murray, Adam Driver e Chloe Sevigny – per raccontare l’apocalisse zombi di una piccola cittadina sonnacchiosa, ma lynchanamente stramba, degli USA.
Una commedia decontratta, rilassata, stralunata come ci si aspetta dal regista, ma anche una satira sull’America contemporanea: come reagirebbe “la pancia del paese” o “l’America profonda” a un attacco di morti viventi? E cosa reclamerebbe l’elettorato di Trump una volta risorto dalla morte? Le carte che ha in mano però Jarmusch non sembra saperle giocare: la satira è piatta, banale, dichiarata come un etichetta del supermercato e tutto il lato ludico, tra citazioni, metacinema e demente parodia, sbaglia spesso tempi e modi dell’umorismo. Resta il fascino alieno (!) di Tilda Swinton, in versione becchina samurai, che sembra essersi scritta da sola la parte oltrepassando ogni limite. Ed è la cosa migliore del film.